Era la prima volta che lavoravi con il TRINITY, com'è andata?
Né io né Edoardo avevamo mai lavorato con questo strumento e io lo avevo visto solo nelle demo: è stata una scoperta constatare come si muovesse agevolmente nella nostra location, che aveva un ambiente molto grande e altri ambienti molto piccoli in cui dovevano muoversi tanti attori. Due settimane prima delle riprese abbiamo fatto dei test in location che ci hanno chiarito le idee, poi siamo partiti spediti.
L'uso del TRINITY ha accompagnato lo stile visivo scelto a priori o lo ha in qualche modo anche determinato?
Inizialmente TRINITY ha accompagnato il progetto visivo di Edoardo poi, man mano che siamo entrati in confidenza con lo strumento, lo ha anche determinato. Ci siamo spinti oltre, abbiamo iniziato a chiedere sempre di più, tant'è che abbiamo fatto diversi piani sequenza molto complessi che non avremmo potuto realizzare altrimenti. Uno partiva seguendo una donna di servizio che andava ad aprire la porta, partendo dalla cucina, attraversando un passetto, che era largo solo circa 65 centimetri, entrando nella sala principale e arrivando alla porta, per poi tornare indietro.
Attraversare il corridoio con quell'agilità, con un altro strumento, sarebbe stato davvero molto complesso. Conoscevo il modo di girare di Edoardo con il Ronin, con uno stile molto dinamico, e so che ama le ottiche strette e stare molto vicino agli attori. Insieme abbiamo capito come adattare questo stile al TRINITY, che ci ha dato un’eleganza, una compostezza, una versatilità e pulizia maggiori.