Giuseppe Maio Familia

1998 e 2008: i due mondi (violenti) di “Familia”, illuminato dal DP Giuseppe Maio CCS

Per "Familia", Giuseppe Maio CCS crea due atmosfere per epoche diverse, dove la tensione esplode con ALEXA Mini LF & ottiche Signature Primes.

Oct. 28, 2025

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2024, “Familia” è il film italiano selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar 2026 e concorrerà per la shortlist dei 15 migliori film internazionali, attesa il 16 dicembre 2025. Per questo film, il direttore della fotografia Giuseppe Maio CCS ha ricevuto la Targa della Giuria – Premio “Marco Onorato” per la sensibilità e la cura con cui interpreta la luce come forma d’arte e linguaggio dell’anima: un riconoscimento intitolato a uno dei grandi maestri della fotografia cinematografica italiana, che premia chi, come Maio, ne raccoglie l’eredità innovando con rispetto e passione.

Dopo la collaborazione sul film “Una femmina”, avete ricreato un tandem con Francesco Costabile. Per “Familia” che tipo di atmosfera visiva avete cercato? C’è una continuità con l’estetica di “Una femmina”?

Il lavoro con Francesco Costabile è sempre un viaggio incredibile, è un regista visionario. Nonostante racconti storie ancorate alla realtà, cerca sempre di esplorare il non visto, l’emotività, il pensiero, ciò che c’è nell’essere umano. Attraverso le azioni dei personaggi riesce a raggiungere il loro inconscio. In questo caso siamo partiti dal libro - è una storia biografica - e abbiamo capito quanto un trauma, che abbiamo esplorato anche in “Una femmina”, possa trasformare una persona e ciò che la circonda. Abbiamo raccontato quanto vivere certe situazioni ti porti a crescere in un certo modo: Gigi Celeste continua a cercare una figura paterna violenta, anche nelle relazioni fuori dalla famiglia, per questo si avvicina ai movimenti neofascisti. In questo senso la struttura è simile a quella di “Una femmina”, anche se cambiano il punto di vista, i personaggi e l’ambientazione.

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Giuseppe Maio CCS ha scelto ALEXA Mini LF, ottiche Signature Primes & Impression filters per le riprese di "Familia".

Avete condiviso dei riferimenti artistici o cinematografici?

Con Francesco facciamo tanta ricerca sul campo e per questo film abbiamo soprattutto esplorato il mondo di CasaPound, immergendoci in una realtà distante da noi, in una sottocultura con codici precisi, per capire cosa significa appartenere a qualcosa in modo viscerale. Come autori, un riferimento importante è stato il fotografo Aldo Feroce, che lavora da anni sul Corviale e guarda la periferia con un occhio unico, molto attento, non è mai scontato. Non fa un reportage esotico, non è come se visitasse uno zoo: per noi era importante raggiungere quel grado di sguardo. Inoltre, dal punto di vista artistico avevo come riferimento il lavoro di Gaetano Previati e le opere di Hieronymus Bosch, con le loro atmosfere infernali; da quello cinematografico uno spunto veniva da “Il piccolo fuggitivo”, mentre da quello fotografico abbiamo pensato anche al lavoro della brasiliana Claudia Andujar, che per 30 anni ha fotografato gli indios in Amazzonia, fissando scene tribali con momenti di estasi: immagini che diventano astratte.  

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"Familia" rappresenta la seconda collaborazione tra il DP Giuseppe Maio CCS e il regista Francesco Costabile.

Quanto sono durate le riprese? In quali location?

Le riprese sono durate sette settimane, il film è tutto girato a Roma. La parte del 1998, quando Franco e Licia sono giovani e i figli sono piccoli, lo abbiamo girato al Tufello, mentre il 2008, quando sono grandi, al Quartaccio. Tra le due epoche rappresentate c’è una differenza visiva a diversi livelli, anche nell’architettura. Abbiamo girato soprattutto in interni, per sfruttare luoghi in cui la tensione latente può esplodere all’improvviso anche in un momento conviviale, quando può scattare improvvisa l’ira del padre. In questi ambienti la macchina da presa si muoveva lentamente, con carrelli leggeri, proprio per sottolineare la tensione dei momenti normali. I luoghi dei neofascisti, ad esempio il luogo del concerto, li abbiamo ricostruiti in scenografia a partire dal sottoscala di un ufficio sulla Portuense, partendo alle reference visive raccolte nelle skin-house, perché sarebbe stato troppo complicato girare dal vero. Con lo scenografo Luca Servino abbiamo ricostruito il bar, il palco, le bandiere e il busto di Mussolini.

Parlavi di carrelli leggeri, ma c’è stato spazio anche per la macchina a spalla?

Abbiamo usato soprattutto la macchina da presa fissa, e solo poche sequenze a mano con la steadycam, tra cui un piano sequenza quando i bambini vengono portati via dalla mamma. Come per “Una femmina”, il rapporto è circa 70% macchina statica, 30% in movimento.

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Per "Familia", Giuseppe Maio CCS trova equilibrio tra staticità e movimento: circa il 70% delle riprese con macchina fissa, il resto a mano per catturare la tensione delle scene più emotive.

Il film è girato con ALEXA Mini LF, cosa vi ha portato a questa scelta?

Amo il mondo ARRI per come risponde sulla rotondità degli incarnati, per la resa sulle alte e le basse luci. ALEXA Mini LF poi, offre una doppia possibilità, che abbiamo sfruttato: per le immagini ambientate nel 1998 abbiamo girato con il sensore LF per produrre un effetto di straniamento degli ambienti, dilatarli, renderli meno reali. La cifra era quella del ricordo del vissuto di Gigi, e ho optato per il sensore pieno. Nel 2008 l’impatto visivo doveva essere invece più realistico, perciò abbiamo usato il sensore croppato in super 35. Per la parte ambientata nel 2008 abbiamo usato il formato 1:85, per il 1998 l’1:66, che riesce a dare più espressione ai primi piani e tende a portare l’attore sotto macchina.

E per quel che riguarda le lenti e i filtri?

Ho usato le lenti Panchro Full Frame per il 1998 e le Signature Primes per il 2008, per differenziare al massimo le due epoche. Ho utilizzato tantissimo gli Impression Filters di ARRI per sottolineare la tensione anche in situazioni di normalità: erano uno strumento raffinato e poco invadente, utile per sporcare un po’ l’atmosfera. Li ho usati in momenti precisi, soprattutto sui primi piani e sui totali, perché rendevano l’atmosfera più astratta, sottolineando il pensiero dei protagonisti. Ho usato di base i filtri positivi per una questione di praticità, perché non inficiano sulla collimazione della lente. Sono stati indispensabili compagni di viaggio perché, amando i diopter, i filtri Impression mi davano la possibilità di avere un fuoco molto corto ma con il grande vantaggio di poterlo allungare, così da non penalizzare la singola inquadratura e rendere il ciak più completo. Riuscivo quindi a passare da un’atmosfera più realista a una più iperrealista semplicemente lavorando di focale, sulla distanza della macchina da presa dagli attori e tramite i filtri Impression, che “trasformano” la lente in una maniera molto interessante attraverso aberrazioni e latenze di fuoco, che per questo film sono state l’architettura visiva del linguaggio.

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Gli Impression Filters di ARRI diventano in Familia” un mezzo espressivo per trasformare la realtà: Maio li usa per “sporcare” l’atmosfera e restituire visivamente i pensieri dei protagonisti.

Amo il mondo ARRI per come risponde sulla rotondità degli incarnati, per la resa sulle alte e le basse luci (...) . Ho utilizzato tantissimo gli Impression Filters per sottolineare la tensione anche in situazioni di normalità: erano uno strumento raffinato e poco invadente, utile per sporcare un po’ l’atmosfera. 

Giuseppe Maio CCS

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Che tagli di ottiche avete scelto?

Abbiamo spaziato dai teleobiettivi, come nella corsa di Gigi in carcere, dove c’era un super telato, fino a ottiche molto larghe come il 21 e il 18. Abbiamo seguito la narrazione, avvalendoci di tutta la serie di tagli: ARRI Signature Primes ne ha tanti, è una serie completa che permette di esprimersi.

Come hai gestito il T-stop?

Di base era a tutta apertura nel 1998, mentre nel 2008 era 2.8-4, anche di notte. Nei momenti di astrazione, quando usavo i filtri Impression, avevo bisogno dell’apertura massima della lente. Mi piaceva creare un contrasto tra il realistico e il sospeso.

Come avete gestito l'illuminazione?

Girando dal vero, le difficoltà pratiche erano date dagli ambienti piccoli: ho cercato di compensare la luce dell’esterno mettendo proiettori ARRI potenti, come gli M19 e M90, e all’interno ho provato a compensare con sorgenti piccole, riuscendo a muovermi anche in spazi stretti con soffitti bassi. Di base, cercavo un’illuminazione poco invadente, illuminando il più possibile dall’esterno. La location più complessa è stata la casa del 2008, dove abbiamo fatto costruire un’americana sulla finestra superiore per far entrare la luce, visto che contemporaneamente erano in campo sia la camera da letto al primo piano che il pianterreno.

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Tra ambienti stretti e soffitti bassi, Giuseppe Maio CCS ha cercato una luce poco invasiva, illuminando il più possibile dall’esterno e compensando negli interni con sorgenti compatte.

Ci sono state scene particolarmente complesse che hanno richiesto nuove soluzioni?

Un setup complicato è stato quello della skin-house, un ambiente molto grande con tante finestre. Lì abbiamo montato il palco del concerto e ho dovuto mettere dei proiettori alle finestre per creare fasci di luce che rendessero l’ambiente più astratto. Durante il concerto volevo che ci fossero sovraesposizioni sui fascisti e ho usato degli accecatori: volevo sottolineare l’ambiente violento con la forza della luce su di loro.

Attrezzature tecniche fornite da D-Vision Movie People.
Opening Picture di Dario Magnolio.

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