Dopo “Piove” e diversi lavori insieme al regista Paolo Strippoli dai tempi del Centro Sperimentale, il direttore della fotografia Cristiano Di Nicola firma le immagini di “La valle dei sorrisi”, presentato fuori concorso all’82ª Mostra del Cinema di Venezia. Girato in un piccolo paese del Nord Italia segnato da un trauma collettivo, il film si affida a un linguaggio visivo austero e visionario, realizzato grazie all’impiego di ALEXA Mini LF con ottiche ARRI Signature Primes e all’uso degli Impression V Filters come strumento espressivo.
Raccontaci di cosa parla il film
“La valle dei sorrisi” è ambientato in una comunità che vive ancora le conseguenze di un incidente ferroviario avvenuto nel 2009, al centro della nostra storia. Per sublimare quel trauma, gli abitanti compiono un rito collettivo sfruttando il potere di un ragazzo che dona abbracci in grado di assorbire momentaneamente il loro dolore. L’arrivo di un supplente di educazione fisica, un uomo segnato dalla perdita di un figlio, rompe questo equilibrio: partecipa al rito, infrange le regole del villaggio ed entra in un mondo chiuso, ambiguo, che lo affascina e al tempo stesso lo spaventa. È un racconto di dolore che passa dal collettivo all’individuale, un intreccio in cui riti e ferite interiori diventano un’unica narrazione.
Una foto backstage dal set di “La valle dei sorrisi”
Dove sono avvenute le riprese e per quanto tempo?
Abbiamo girato tra Tarvisio, al confine con la Slovenia, e Sappada, vicino al Veneto. Sono luoghi aspri e sospesi, fatti di montagne dure e confini invisibili. Non sono mai solo sfondo: entrano nella storia, condizionano lo stato d’animo dei personaggi, diventano attori silenziosi. Le riprese sono durate sei settimane, con sei giorni pieni ogni settimana, sempre in trasferta. Il ritmo era serrato, ma anche il meteo ci ha “scritto” parte del film: le prime giornate erano limpide e soleggiate, quasi gioiose, perfette per l’inizio della narrazione. Poi, naturalmente, sono arrivate pioggia e nubi, un cielo sempre più scuro. Sembrava che il tempo stesso accompagnasse il crescere della cupezza nel racconto.
Avevate qualche reference per questo progetto?
Non amiamo rifarci a reference rigide. Preferiamo lasciare sedimentare suggestioni. In questo caso, molte arrivavano dal cinema scandinavo e dall’horror europeo: un mood cupo, freddo, quasi metafisico, che però non cancella l’intimità dei personaggi. È il nostro metodo: studiare tanto, accumulare immagini, e poi farci guidare dai luoghi stessi, che diventano i primi indicatori della luce e della composizione.
Di Nicola ha trovato nelle Signature Primes un equilibrio speciale: neutralità senza freddezza, capace di rispettare l’identità di ogni progetto
Usi spesso ALEXA Mini LF, che hai scelto anche per questo film, cosa ti piace di più?
Scelgo il largo formato perché mi interessa l’impatto e la profondità che sa dare: rende i primi piani più intensi e l’ambiente parte integrante della scena. Nel caso specifico del film, eravamo in ambienti molto stretti, piccole baite, stanze anguste, persino un bagno minuscolo di soli 2m, e il sensore largo della ALEXA Mini LF mi ha permesso di usare spesso il 15mm, trasformando spazi minuscoli in luoghi immensi, creando distanza e nuove prospettive tra i personaggi. ALEXA Mini LF è stata portata al limite: giravo normalmente a 1280 ISO, nelle notti anche a 1600, spesso con luce minima. Nonostante questo, la macchina mi ha dato la solidità che cercavo, alla quale mi affido.
E le Signature Primes?
Con le Signature Primes ho trovato un equilibrio speciale: rispetto ad altre ottiche più espressive, non rischiano mai di sovrastare la storia. Mi danno neutralità, ma mai freddezza. Riescono a rispettare l’identità di ciascun progetto, sia esso commedia o horror, portando sempre qualcosa da dire.
Le uso da anni, e da quando ho scoperto gli Impression V Filters sono diventate ancora più interessanti, con essi ho trovato la possibilità di aggiungere livelli nuovi e sottili di espressione. In “La valle dei sorrisi” ne ho usati spesso, anche variandone più di uno nella stessa scena - un uso emotivo - : il 70P, il 140P e perfino il 230P, quest’ultimo per un’inquadratura di svolta nell’uso del potere da parte del protagonista, con un albero come fondo, in cui cercavamo una qualità visiva più intensa e particolare. L’ho considerato un uso espressivo, pensato per sottolineare i passaggi psicologici della storia.
Con Impression V Filter 230P, Di Nicola ha dato a questa inquadratura dell’albero una qualità visiva più intensa e particolare
C’è poi un aspetto pratico che apprezzo molto delle Signature: il loro peso. Sono perfette quando si lavora con setup snelli, da mettere su Ronin o una testa remotata. Sono leggere, bilanciate, versatili, qualità che fanno la differenza sul set, soprattutto quando bisogna muoversi velocemente o cambiare impostazione senza intralciare la concentrazione degli attori. È anche questa agilità per la quale spesso le prediligo, perché uniscono rigore tecnico e libertà di messa in scena.
Come hai gestito l’illuminazione?
Per questo film l’approccio all’illuminazione è nato da una necessità precisa: sostenere la cupezza della storia senza mai limitare la libertà degli attori. Ho lavorato quasi sempre con fonti esterne, sfruttando finestre e aperture naturali come ingressi di luce. Negli interni notte ho scelto invece di affidarmi a piccoli dispositivi Led e vecchie lampadine a incandescenza da 100 watt, inserite in paralumi e abat-jour selezionati insieme al reparto scenografia, un lavoro condiviso che ha reso ogni sorgente luminosa parte integrante dell’ambiente. In situazioni più difficili, come in una casa con finestre molto piccole dove non era possibile collocare grandi proiettori all’interno, serviva invece una source che aprisse molto dall’esterno. In quell’occasione, sfogliando il libro dei 100 anni di ARRI, ho deciso di utilizzare un Fresnel ARRI 6k del 1991, il proiettore fresnel più grande della sua categoria, che ancora oggi considero uno strumento affidabile e sorprendentemente efficace per potenza e resa. In altre sequenze, ho impiegato anche due M90 per gestire ambienti molto grandi e che richiedevano continuità nell’arco di più giorni.
Per gli interni notte Di Nicola ha usato piccole lampadine a incandescenza e abat-jour, rendendo ogni fonte luminosa parte integrante dell'ambiente
Hai parlato spesso di preparazione ma anche di improvvisazione: come convivono questi due aspetti nel tuo modo di lavorare?
Per me la tecnica non è mai un fine. Amo conoscere a fondo macchine, lenti e luci, fare test, sperimentare. Ma non lo faccio per virtuosismo: se qualcosa non serve alla storia, non serve. La tecnica è uno strumento che deve liberare la narrazione, non ingabbiarla.
Conoscere i limiti di un mezzo ti permette di usarlo più d’istinto, senza esitazioni, affidandoti al momento presente. I film nascono anche da questo equilibrio: la preparazione più rigorosa e quella libertà improvvisa che solo sul set può accadere.
Il direttore della fotografia Cristiano Di Nicola (sinistra) con il regista Paolo Strippoli (destra)
Attrezzature fornite da D-Vision Movie People.