Con Napoli nel cuore, e negli occhi. Il percorso condiviso dal DP Stefano Meloni con Marco D’Amore in questi ultimi anni è molto legato alla città partenopea, che è stata scenario di tutte le loro collaborazioni artistiche. “Io sono di Torino ma per lavoro ho passato moltissimo tempo a Napoli negli ultimi anni - dice Meloni - Me ne ero innamorato già 15 anni fa, in occasione del primo film che ci ho fatto, e per qualche strana coincidenza ci ho girato tantissimo: ho fatto quattro film con Edoardo De Angelis, due film con Mario Martone e tutta “Gomorra”. Andare a Napoli per me è tornare a casa, come per il protagonista di “Caracas”.
In un'intervista con ARRI, il DP Meloni condivide le sue scelte tecniche e racconta le sue esperienze dietro le quinte di “Caracas”. Il film, uscito da poco nelle sale italiane, trae ispirazione dal romanzo “Napoli ferrovia” di Ermanno Rea, con Toni Servillo e il regista Marco D'Amore nei ruoli principali.
“Caracas” è stato girato con ALEXA 35 e ottiche Signature Prime, illuminato con ARRI Sky Panels
Come è iniziata la collaborazione con Marco D’Amore?
Io e Marco ci siamo conosciuti sul set di “Gomorra”. Avevo iniziato la serie come focus puller di Guido Michelotti, che poi per vicissitudini personali ha dovuto lasciare il set. Da un giorno all’altro mi sono quindi ritrovato a passare da tecnico a direttore della fotografia per volontà di Marco, che mi ha chiesto di firmare da DP la puntata 9. Poi c’è stato il docufilm “Napoli magica” e infine “Caracas”, che è il terzo lavoro insieme.
Parlavamo di Napoli, cuore del film: che città è quella che avete raccontato in “Caracas”?
Abbiamo cercato di creare una Napoli particolare, una città freddissima, completamente diversa da quella che ci si aspetta. Una Napoli piovosa, con la nebbiolina e l’asfalto bagnato, per cui quasi tutti i giorni avevamo effetti speciali di atmosfera negli esterni. Abbiamo cercato di rappresentare Napoli non come una città reale, ma come una metropoli non meglio identificata di un paese qualunque, come un luogo universale. Una delle sfide era non avere mai il sole in scena, tranne in pochissime sequenze, quelle più leggere. Ci siamo mossi soprattutto tra le ombre e nei vicoli bui, o in momenti in cui non era ancora salito il sole.